30/09/2016

La pensione: da diritto a progetto

Le  pensioni sono – da tempo immemorabile – sempre al centro dell’agenda politica perché interessano un grande numero di cittadini (e di elettori…) e proprio lo scorso 28 settembre sono state oggetto di un’ennesima intesa tra Governo e sindacati.

 

Tra i punti dell'accordo, ci sono alcuni temi come  l’innalzamento dell'area di esenzione dalla tassazione, l’introduzione della quattordicesima per 1 milione e 200 mila pensionati, la ricongiunzione gratuita dei contributi versati ad enti diversi, l’introduzione di requisiti più semplici per anticipare la pensione per i lavori usuranti e per i lavoratori precoci. Ancora non ben definito nei particolari l’intervento previsto per anticipare l’andata in pensione di coloro che sono nati tra il 1951 e il 1953 (Ape).


Un risultato apprezzabile, anche tenuto conto della ripetuta indisponibilità del presidente del Consiglio ad interloquire con il sindacato.
Purtroppo però è rimasta sotto traccia una questione decisiva, cioè il fatto che la pensione sta cambiando natura: da puro e semplice diritto, essa sta diventando un progetto da costruire con attenzione e consapevolezza sin da giovani. Basta chiedere a chiunque abbia meno di 40 anni per capire che per le nuove generazioni le aspettative di avere una pensione siano prossime allo zero, e nell’accordo si parla solo genericamente di affrontare il tema dell’“adeguatezza delle pensioni dei giovani” e di “favorire la previdenza integrativa”.
Finito il periodo nel quale era agevole prevedere quando andare in pensione e con quale importo (con un minimo di 35 anni di contributi e con una percentuale del 2% sulla retribuzione per ogni anno di lavoro), ora si rivendica un trattamento che sia corrispondente (almeno) ai contributi versati.


In realtà anche questa impostazione sta cedendo il passo alla consapevolezza che - in un sistema di ripartizione in cui i contributi dei lavoratori servono a pagare le pensioni in essere - se il numero di chi versa le contribuzioni è troppo inferiore al numero di chi percepisce il trattamento, i conti non tornano.


In altre parole il fattore demografico, sommato a quello occupazionale (con la disoccupazione tendenzialmente in crescita), fa saltare la previsione di ogni contabilità.


Pensare che lo Stato possa risolvere questo problema nel modo in cui l’ha affrontato fino a questo momento, significa semplicemente posticipare la “resa dei conti”.


L’attuale sistema pensionistico è segnato dalle gravi iniquità che garantiscono a pochi di mantenere privilegi pagati con i contributi di molti. I privilegi - sia chiaro - vanno tolti, ma questo non cambia la natura strutturale del problema.
Il vero cambiamento è piuttosto quello di considerare la propria futura pensione non più come un diritto, ma come un progetto, del cui buon esito è responsabile anche il cittadino, che  deve cominciare da giovane a programmare quello che sarà il suo reddito una volta che avrà smesso di lavorare.


Naturalmente l’intervento pubblico rimarrà decisivo per assicurare una quota che salvaguardi un minimo vitale per tutti, ma sarà il cittadino a garantirsi nel tempo un reddito pensionistico più consistente. Decidere quando andare in pensione e con quale importo, non sarà più solo oggetto di trattativa col Governo, ma anche un progetto individuale cui dedicarsi con responsabilità, programmazione e lungimiranza. Per questo sono stati promossi i Fondi Pensione e il fatto che ad essi abbia aderito solo una minoranza di lavoratori, la dice lunga sulla strada che dobbiamo ancora compiere, individualmente e collettivamente, a meno che non vogliamo continuare a nutrirci di illusioni. E, conseguenti, cocenti delusioni.


I giovani stiano attenti a non scivolare nel pessimismo di chi pensa che con contratti precari e salari bassi non ci si possa permettere di pensare al futuro: per la costruzione di una pensione complementare il tempo è più decisivo della quantità dei soldi versati: prima si comincia, anche con pochi euro, meglio è.


In questo senso il Governo, l'istituto previdenziale e le  parti sociali hanno una grande responsabilità: quella di informare con trasparenza i cittadini sulle prospettive delle loro pensioni, promuovendo la cultura previdenziale e finanziaria soprattutto tra i giovani.
 


Franco Lorenzon
Segretario Generale Cisl Belluno Treviso