15/05/2020

Crisi post Coronavirus: serve una politica industriale

L'intervento del Segretario generale aggiunto Rudy Roffarè

Abbiamo già avuto occasione di dirlo: dopo il Coronavirus, “nulla sarà più come prima”, né economicamente né socialmente. Tuttavia, come accade in ogni crisi, dobbiamo pensare che anche questa emergenza potrebbe generare delle opportunità: in primis va ripensato il nostro modo di vivere, di produrre e di relazionarci, definendo nuovi modelli di crescita che mettano al centro la persona e che siano in grado di rilanciare il valore della comunità e della famiglia grazie alla reciproca solidarietà sociale.

Ripartire si può, ma per farlo servono una visione chiara, idee concrete e una strategia per attuarla: un patto per la ripartenza che, attraverso il dialogo, preveda una condivisione di obiettivi e iniziative con le parti sociali e le istituzioni a tutti i livelli, da quello nazionale sino al territoriale, in cui si possano trovare elementi di resilienza e nuove opportunità da sviluppare. Una scommessa che vinceremo solo se sapremo individuare concretamente che cosa serve davvero per ripartire.

Sappiamo che dobbiamo mettere tutti nelle condizioni di lavorare e vivere in sicurezza. Ciò significa l’applicazione dei protocolli di sicurezza, ma anche consistenti investimenti pubblici nel sistema socio-sanitario. Serve poi una politica industriale nazionale strutturata, perseguibile e condivisa, da declinare poi a livello regionale e territoriale.

Gli investimenti in Italia, tra pubblico e privato, in rapporto al Pil, sono passati dal 21% a meno del 18% nel 2019. La prima cosa da fare dunque, è sbloccare i cantieri delle opere pubbliche già finanziati o in parte progettati. Per quanto riguarda la provincia di Treviso significa accelerare l’avvio dei lavori per la riqualificazione dei centri urbani, quelli delle infrastrutture viarie, turistiche e della banda ultra larga. Ma pensiamo anche alle opportunità della transizione energetica dal petrolio alle energie rinnovabili, in cui il nostro territorio ha dimostrato capacità di innovazione, nel riciclo dei rifiuti e nella produzione di energie e prodotti utilizzando l’economia circolare.

Le aziende trevigiane vanno anche accompagnate dalla politica e dalle istituzioni in questo passaggio verso le fonti energetiche rinnovabili, così come all’industria 4.0, e a tutte quelle opere di ammodernamento necessarie per competere ed essere sostenibili. Se pensiamo alla realtà industriale del territorio, quindi alle aziende metalmeccaniche, della moda, del legno, del chimico e dei servizi, l’utilizzo della tecnologia contribuirà a rendere il ciclo produttivo più efficiente, e aumenterà la qualità del prodotto esportato, permettendo da un lato una tenuta della redditività e del salario ai lavoratori, dall’altro, di tenere testa alla competizione internazionale.

D’altra parte, la creatività, la produttività e la capacità di convertire prodotti e sistemi di produzioni, rendono Treviso una delle principali province con le carte in regola per trainare nella ripresa l’intero sistema-Paese. Vanno costruiti modelli che guidino le imprese e creino le condizioni per attrarre investimenti e utilizzare meglio i bandi europei, ad esempio, per la ricerca e la formazione. È altresì fondamentale che le imprese si costituiscano in reti, per meglio competere nei mercati internazionali. Vale per la ricerca, ma soprattutto per le politiche di export, linfa vitale per la nostra economia. Non è anacronistico parlare di made in Italy e, anzi, vanno rilanciati i concetti di bellezza, di qualità e di ingegnosità dei prodotti delle nostre fabbriche, così come va rilanciato il nostro territorio su tutta la filiera dell’agro-alimentare e turistico-culturale.

Inoltre una particolare attenzione va riposta nel mondo dell’artigianato. Sono migliaia le aziende che in queste settimane hanno messo i lavoratori in sospensione. Sono le più vulnerabili perché dipendono, spesso, dagli ordini delle grandi aziende. Il tessuto produttivo di queste piccole imprese, nella ripartenza, va assolutamente sostenuto. Con il sistema bilaterale Ebav sono stati avviati progetti di aiuto sia alle aziende che ai lavoratori per permettere di non disperdere un grande patrimonio di competenze e di produzioni di alta qualità. È però fondamentale che il sistema, in generale, non scarichi eventuali costi sul tessuto artigianale. Proprio per questo insistiamo sulla necessità di aiuti, anche a fondo perduto, per le microimprese.

Negli anni scorsi la Regione del Veneto ha lavorato bene in tema di politiche attive del lavoro, e nei prossimi mesi la scommessa sarà quella di non lasciare a casa nessuno. Per farlo, dobbiamo impegnarci maggiormente per definire quali sono le competenze che le imprese necessitano. La transizione economica al digitale e al “green new deal” modificherà radicalmente le mansioni di lavoro, per le quali servirà molta formazione costante nel tempo.

La formazione continua delle persone, la riqualificazione e l’accompagnare i lavoratori in cerca di lavoro nell’incrocio domanda e offerta, saranno la vera sfida: occorre motivare e formare chi perderà il posto di lavoro per la crisi economica, e la formazione dev’essere una costante durante tutta la vita. Servono dunque politiche attive vere e programmi seri di formazione permanente dei lavoratori.

La scommessa formativa non vale solo per le singole persone, ma anche per le aziende, in quanto la competizione non passa soltanto attraverso l’aumento della produttività, che anzi, andrebbe eventualmente riversato su una riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario da definire a livello aziendale, ma sulla capacità di ricerca e innovazione di prodotto e di servizio che l’azienda propone sul mercato. Per questo gli investimenti devono tornare al centro dell’attenzione anche nel sistema dell’istruzione, a partire dalle scuole dell’infanzia, in quanto servono insegnanti motivati, strumenti informatici e una scuola al passo con l’Europa.

È opportuno consolidare la proposta universitaria per contribuire allo sviluppo economico e sociale della provincia. Per fare tutto ciò, servono relazioni sindacali forti e una classe politica e dirigente che sappia ascoltare le proposte delle associazioni di categoria e del sindacato.
La Cisl, come sempre, è in prima linea per governare l’emergenza Coronavirus e contrastarne la diffusione. In queste settimane, sono stati firmati centinaia di accordi di cassa integrazione nell’industria, nel commercio, nel turismo, nel terziario e nell’artigianato.

La ripresa non sarà facile, perché dipenderà dall’economia globale e i prossimi saranno mesi difficili per cittadini, lavoratori, artigiani, piccoli imprenditori e grandi aziende. Ma con una visione lungimirante, meno burocrazia e un sano sentimento che punti alla ricostruzione del Paese, anche in questo complicato contesto saremo in grado di guardare al futuro con ottimismo.

Rudy Roffarè - Segretario generale aggiunto Cisl Belluno Treviso